Il simbolo del Soyombo


 

Il simbolo della Mongolia.
Il simbolo della Mongolia.   

 

 

I VARI SIGNIFICATI DELL’IDEOGRAMMA SOYOMBO

Emblema della libertà ed indipendenza del popolo mongolo

L’ideogramma che appare sulla bandiera nazionale della repubblica mongola è estremamente ricco di significati e, qui di seguito, proposti da due eminenti studiosi vicini alla nostra associazione, ne esamineremo alcuni.
I due studiosi sono: Dr. Prof. Rodica Pop Laureata all’Università di Nanterre presso l’Istituto di Studi Mongoli e Siberiani e ricercatrice all’Istituto Sergiu Al-George di Bucarest, e Riccardo Bertani studioso di folklore e Glottologo, consulente di numerosi Istituti Universitari nel mondo. Rodica Pop afferma che l’ideogramma del “Soyombo” è considerato, da molto tempo, dai Mongoli come l’emblema nazionale della libertà e dell’indipendenza e Bertani aggiunge che esso, al pari d’altre scritture ideografiche dell’Asia Centrale, come quella cinese, giapponese e coreana antica, anziché esprimere un solo concetto, è formato da diversi epigrammi, riconoscibili da ben precisi “tratti”, o meglio segni pittografrici o ideografici, di cui è composto l’ideogramma. Rodica Pop ci fa notare la simmetria, la rifinitura artistica e l’eleganza dell’ideogramma, che mostrano quanto esso sia antico, ma anche quale fu la ricchezza del simbolismo mongolo dei segni e degli ideogrammi. Ci ricorda inoltre che, a lungo funzionario al servizio dello Stato Mongolo, Marco Polo, menzioni la bandiera mongola ornata dal sole e da un quarto di luna, elementi del “Soyombo”. C’informa, inoltre, di come Undergheghen Djanavadjira (Zanabazar), primo capo della Chiesa Gialla (Lamaista) in Mongolia, per mantenere il prestigio della Chiesa Buddista mongola, prestigio traballante a causa della sottomissione agli invasori Manciù, compose nel 1686 un alfabeto, partendo dai segni dell’ideogramma Soyombo, desiderando dimostrare che le idee della libertà e dell’indipendenza della patria erano ancora vive. Gli elementi di quest’emblema nazionale mongolo risalgono ad un lontano passato, infatti li ritroviamo, ad esempio, in alcune vestigia di marchi per bestiame. Per storici, archeologi ed etnologi, questi antichi marchi di proprietà, che alcune volte indicano l’appartenenza ad un clan o ad una determinata classe, rappresentano un enorme interesse scientifico. Segni simili sono stati ritrovati, a seguito di ricerche archeologiche, in Crimea, in Ucraina ed in Romania e datano in parte all’epoca delle grandi migrazioni dei popoli.Iscrizioni in alfabeto “Soyombo” appaiono nell’architettura religiosa della Mongolia del nord come ornamento sui portici, cornici degli edifici e su oggetti di culto. Incollate al plafone delle tende dei pastori si possono spesso vedere foglietti di carta ingiallita dal fumo, ove è rappresentato il Soyombo. Il Soyombo appariva su tutti gli stendardi dei Mongoli che lottavano contro i conquistatori stranieri; e nel XVII secolo, il patriota e educatore mongolo Tsoktu Taidji, che si batteva contro gli invasori Manciù ed i loro alleati, portò la bandiera ornata con il Soyombo fino al Paese delle nevi: il Tibet. Negli anni 1911-1912, i combattenti dell’eroe popolare Khatanbataar Maksardjav, in guerra contro l’imperatore Manciù, portavano sui loro stendardi il famoso simbolo, che issarono alla sommità della fortezza mancese di Koledo, reputata inespugnabile.
Nel 1921, sulle bandiere dei distaccamenti dei partigiani di Sukhebataar, appariva l’antico emblema della libertà e dell’indipendenza. Nel 1924, quando la prima “Grande Assemblea” (Ikh Khuraal) del popolo, proclamò la Repubblica Popolare Mongola, un decreto relativo ai gonfaloni della nuova repubblica, precisava che secondo l’antica tradizione popolare, il Soyombo significava: VIVA IL POPOLO MONGOLO.
Analizzando ogni singolo elemento dell’ideogramma i nostri due studiosi ci fanno rilevare il valore simbolico di ognuno di essi nelle differenti interpretazioni e sfumature.
La dottoressa Pop ci fa notare come nella parte superiore, il Soyombo sia dominato dal disegno simbolico del fuoco, che nel simbolismo popolare mongolo, il fuoco purificatore significa la rinascita, il rinnovamento; ma anche la continuità della razza, il fiorire della famiglia, del clan, del popolo. In quanto alle tre lingue della fiamma, esse simbolizzano rispettivamente: la prosperità del popolo nel passato, nel presente e nel futuro, e quest’ultima interpretazione è suffragata anche dal Bertani.
Il Bertani continua indicandoci come le pittografie del sole e della luna che troviamo sotto l’immagine del fuoco, risalgono anch’esse ad un antico concetto totemico dei Mongoli, dove il pallido “padre luna” e la splendente “madre sole”, erano visti come dispensatori della vita sulla terra, che sempre si ripete nell’alternarsi delle stagioni, quindi anche come simboli dell’eternità. La professoressa Pop ci ricorda inoltre come il triplo segno del fuoco, del sole e del quarto di luna, antichi totem mongoli, era posto pure sui monumenti funerari dei soldati morti per la Patria, per ricordare ai posteri che gli eroi avevano donato la vita affinché il popolo viva eternamente, ed il medesimo segno ornava gli stendardi da combattimento, per indicare che erano stati alzati per la difesa della Patria. Bertani ci indica, al centro del Soyombo il simbolo magico dello Yang-Yin, ossia il cerchio dove si congiungono le forze contrarie che reggono l’esistenza: la terra ed il cielo, l’uomo e la donna, l’acqua ed il fuoco. Mentre l’immagine stilizzata dei due pesci che si ritrovano dentro al cerchio, secondo l’antica concezione sciamanica mongola, rappresentano l’armonia che regna nella natura, vigilata dai grandi occhi dei pesci; alludendo in questo caso al grande rispetto che il popolo deve avere verso ogni essere vivente. La dottoressa Rodica Pop ci fa notare inoltre come nel folklore mongolo, il pesce con gli occhi sempre aperti, simbolizzi la vigilanza; due pesci rappresentano gli uomini e le donne, cioè significano la ragione e la saggezza ma anche l’intuizione femminile e significa che tutto il popolo, uomini e donne, siano vigilanti, ragionevoli e saggi contro gli intrighi dei nemici della Patria.
La studiosa romena ci fa notare come nell’idiomatica del linguaggio popolare, il rettangolo rappresenti la chiarezza, la dirittura e lo spirito dei principi: pertanto i due rettangoli situati in alto ed in basso, significano “che tutti coloro che sono alla sommità ed alla base siano onesti e sinceri”. Bertani aggiunge inoltre che questi principi di onestà e lealtà sono rappresentati, nei due rettangoli, che simbolizzano anche la steppa con la sua piana immensità.
Per lo studioso glottologo italiano, i due triangoli a punta in giù che appaiono nel Soyombo simboleggiano le punte delle frecce e delle lance, armi con le quali i Mongoli hanno difeso, da sempre, il loro paese dagli invasori. Del medesimo avviso è Rodica Pop che aggiunge, infatti, che i triangoli si interpretano, nel loro insieme, come “morte ai nemici del Popolo Mongolo”.
La professoressa romena ci dice che i due tratti verticali sui lati, raffigurano i muri di una fortezza e costituiscono l’espressione grafica dell’antico proverbio mongolo: “due amici sono più forti dei muri di pietra”, e nel contesto dell’intero ideogramma, questi segni significano che se il popolo intero sarà unito allora sarà “più forte dei muri di una fortezza”. Per lo studioso Bertani i due rettangoli verticali possono rappresentare anche due granitiche rupi, che allegoricamente vogliono significare la forza, la tenacia e la saldezza d’animo, dimostrate dall’indomito Popolo Mongolo.

 

 

 

 

 

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